Molti prendevano in ostaggio un piccolo lembo di territorio, piantonandolo con un lenzuolo su cui avevano appoggiato il frigo portatile. Molti erano abbondantemente sopra i trenta. Persone che nella vita avevano cercato tanto ma avevano trovato poco, e forse ora non stavano cercando più – aspettavano solo il tramonto, cioè il momento in cui sarebbero arrivati “loro due”.
A un certo punto furono mezzo milione sul prato verde.
Lo spettatore medio era sopra i trenta, aveva addosso jeans, felpa e occhiali da sole alla Diane Keaton. Altri avevano la metà dei suoi anni, altri il doppio, ma tutti lo calpestavano e gli rovesciavano la lattina di birra e gli schiacciavano i biscotti alla marmellata di fico, lì sul grande prato verde. Ma ne valeva la pena, perché di lì a poco quei due avrebbero suonato novanta minuti e fatto venti canzoni, il doppio di quanto abbia mai cantato Sinatra e il triplo di quanto abbiano mai suonato i Beatles. Fu il più grande evento musicale dai tempi di Woodstock. Gli spettatori sapevano tutte le parole di tutte le canzoni e accompagnavano ogni strofa di Scarborough Fair, Wake up Little Susie, Mrs. Robinson, lì sul grande prato verde. Migliaia di sconosciuti con zaini sparsi ovunque fumavano erba, bevevano birra, chiacchieravano fra loro e ascoltavano “Old Friends”. Molti avevano portato cani, molti avevano portato bambini, e tutti si sorridevano l’un l’altro e si amavano l’un l’altro, in quel grande prato verde. Qualcuno, che era venuto da uptown, non riuscì a varcare il lago, si fermò prima: troppa gente.
Mezzo milione di persone tranquille; tutto andò bene. Magari si insinuò un po’ di malinconia, a concerto finito, nello spettatore medio, ma in fondo erano tutti felici di avere avuto con loro Paul e Art e Mrs. Robinson. Poi passarono i bulldozer, a smantellare tutto. Il Dipartimento Parchi iniziò a smobilitare stando attento a non disturbare chi dormiva e chi voleva continuare a rimanere sdraiato sul grande prato verde, e mentre i bambini riposavano sugli zaini, arrivarono i camion a smontare il palco. I veicoli della nettezza urbana si muovevano rapidi e silenziosi per raccogliere lattine e cartacce. Improvvisati giocatori di tutti gli sport terrestri presero forma ovunque; lanciatori di frisbee e praticanti di tai chi spuntarono qua e là, perché in fondo era domenica mattina. A mezzogiorno c’era rimasta ancora qualche cartaccia sul grande prato; qualche zaino e qualche frigo portatile soggiornava ancora per terra. I bulldozer avevano rivoltato a una a una le zolle per rifare il trucco al prato. Qualcuno cercava i suoi occhiali alla Diane Keaton. Una generazione che pensava di cambiare il mondo, una generazione che era stata a Woodstock, una generazione che si sentiva a suo agio con le masse. La generazione dello spettatore medio. L’America era ancora bella e piena di speranze. Non c’era il Patriot Act. Gli americani combattevano i loro fantasmi senza farsi sopraffare dalla propaganda. C’era speranza. E le persone, quando viaggiavano, lo facevano per conoscere il mondo. Andavano ancora in cerca del mondo. Andavano ancora da qualche parte. E non necessariamente tutti sempre e solo a Disneyland. Qualcuno ricorda quando nelle strade c’era ancora la pace? Quando tutti volevano essere come l’America perché l’America ancora si batteva per la libertà di tutti e non solo per i soldi suoi e per l’altrui petrolio?