Ciò che stimola una categoria di eventi
a reclamare il rango di legge.
è il ripetersi dello stesso effetto
quando ricorrono le stesse cause
A notte fonda e alla terza ora d’un concerto gratuito tenuto dal musicista Chuck
Mangione, lanciandosi un’occhiata, cinque amici si domandano perché – annoiati e
sfiniti – rimangano lo stesso ad assistere allo spettacolo, senza che nessuno di loro
riesca a prendere la sacrosanta iniziativa di sottrarsi alla forza di gravità che li tiene
ancorati lì.
Veniamo invitati a una festa dove offrono un rinfresco; abbiamo appena cenato e ci
rendiamo conto che aggiungere allo stomaco qualcos’altro – oltre a ciò che già vi
risiede – è un oltraggio all’intelligenza alimentare; tuttavia, un canapè particolarmente
scenografico e gratuito non si esimerà dal farsi assaggiare.
Perché?
Perché siamo disordinatamente attratti da tutto ciò che abita gli scaffali del gratuito e,
se si presenta l’occasione, ci riempiamo le tasche di inutili dépliant, cataloghi e
opuscoli, rapiti dalla tonificante sensazione di ottenere qualcosa in cambio di nulla.
I nostri biglietti omaggio e le nostre tessere a riduzione vogliono accasarsi anche
quando il titolare è indisposto. Un martire sarà reclutato per andare a riempire con un
sedere la sedia già pagata, e sorbirà l’amaro sciroppo della partita, o dello spettacolo
teatrale, fino all’unica goccia dolce, l’ultima.
Semplice:
Noi obbediamo alla ‘Legge di Chuck Mangione’, cioè a “quella spinta che ci porta a
consumare con caparbia inerzia un bene, qualora esso sia offerto, gratuito o già
pagato, e a tollerare con disinvoltura gli aspetti fastidiosi che tale consumo può
comportare, soltanto perché ne sono già stati assolti i costi”.
È curiosa la caparbia inerzia con la quale tentiamo di sfruttare fino in fondo qualcosa
di già pagato, o di gratuito, anche se non ci piace più, anche se c’è venuto a noia.
Le persone che sono particolarmente sensibili a questa legge psicologica dovrebbero
poter usufruire di un programma speciale di protezione che preveda: a)
trasferimento in luoghi protetti privi di attrazioni gratis; b) misure di vigilanza e di
tutela da eseguire a cura degli organi di polizia psichiatrica territorialmente competenti.
Per prima cosa bisognerebbe cercare di capire se la caparbia inerzia con la quale
consumiamo, o ci facciamo consumare, da un bene acquistato differisca dalla
caparbia inerzia con la quale rimaniamo aggrappati a beni ricevuti in dono.
A prima vista non sembrerebbe esserci differenza. Sia che abbiamo comprato un
maglione, sia che ce ne abbiano regalato uno, non lo butteremo via a cuor
leggero anche se non ci piace più o c’è venuto a noia.
La LDCM Confina nella sindrome dell’abbandono. E soprattutto nella FOMO.
Da bambino se sentivo i miei amici giocare in cortile e non potevo per qualche
motivo raggiungerli, stavo male.
Anche adesso, se perdo un minuto di una trasmissione che m’interessa, sto male (e il fatto di poterla registrare o mettere in pausa non è la stessa cosa).
Uscire dal cinema prima che finisca il film è difficilissimo. E se poi dovessi perdermi
qualcosa?
Anche quando saluto, indugio.
Ma la conseguenza più clamorosa della LDCM è la sindrome da accumulo compulsivo.
